venerdì 1 ottobre 2010

LA PROFANAZIONE SUPREMA…






8 gennaio 1948

Dice il Ss. Autore:   
« Più esatta di una pittura che ritragga alla perfezione il vero, più esatta di una cronaca che riporti fedelmente gli avvenimenti e i costumi di un'epoca, ecco che l'epistola paolina descrive i costumi di quest'epoca che si insatanassa.
Ogni parola è una pennellata di colore per delineare l'uomo di quest'epoca, i nove decimi degli uomini di quest'epoca.

Tutte le sfumature necessarie a dipingere non l'uomo figlio di Dio, come Dio avrebbe voluto che fosse, non l'uomo superuomo, come credono di essere questi mostri dall'aspetto umano che sono i nove decimi degli uomini, ma a dipingere l'antiuomo, il degenere figlio di Dio, il frutto pauroso del connubio dell'Umanità con la Corruzione, il servo di Satana, sono usate nella pittura perfetta.

E le tinte meno atroci sono date dagli epiteti: sussurroni, millantatori, stolti, disordinati.
Poi le tinte si incupiscono sempre più, sino alle tinte che già hanno il colore del più profondo inferno, delle colpe contro natura, così diffuse ora, e usate non solo a soddisfazione del loro reprobo senso, bensì a soddisfazione della loro avidità di ricchezze.

Ma per quanto Paolo parlasse a uomini del tempo suo, a uomini viventi in mezzo ai pagani, più che a pagani: a senza dio alcuno  –  perché se ancor avessero rispettato un dio, ossia una legge morale, anche se imperfetta, perché anche l'uomo assolutamente ignorante di ogni codice religioso sente istintivamente, quando non è uno che non vuole sentire, la esistenza di un Ente Supremo al quale il suo spirito aspira per sua propria natura spirituale, per cui cerca come spirituale che è di riunirsi allo Spirito dal quale ebbe principio  –  a senza alcun dio, volutamente voluto ignorare per non avere alcun freno di legge morale anche sol naturale, per quanto Paolo parlasse a questi uomini viventi fra questi mostri, no, ancora ha lasciato la tinta più fosca del quadro.

Perché l'ha lasciataPerché la ignorava.
Egli è salito con lo spirito al terzo cielo e molte verità ha conosciuto, anche quelle sugli ultimi tempi. 
Ma non ha conosciuto una perversità di questi tempi semifinali, una perversità che prepone l'avvento dell'apostasia e la manifestazione dell'uomo del peccato.
Egli scriveva ai Tessalonicesi: “Già il mistero dell'iniquità è in azione”, ma confutava poi dicendo:
Solamente v'è chi ora lo trattiene e lo tratterrà finché sia tolto di mezzo”.


Ma quando i nove decimi dell'Umanità respingono Colui che trattiene l'evolversi del mistero dell'iniquità sino a farsi, da mistero, realtà orrenda, con il nefando regno della Bestia che si proclamerà Dio pretendendo onori divini; ma quando già alla Bestia sono dati onori divini; ma quando è invocata ed evocata con riti osceni, per il suo onore; può Dio continuare a fare difesa contro l'avanzarsi del Serpente d'abisso?

E che nome Io darò ai riti osceni, alle orrende orge terminanti in copule sataniche nelle quali signore e sacerdote è lo stesso Satana?
E che nome Io userò per chiamare col giusto nome questo peccato supremo, questa religione satanicasuperiore in atrocità ad ogni più barbara religione antica o ancora esistente fra selvaggi?

Qui non si immolano agli dèi i corpi di vittime innocenti, come un tempo a Moloc.
Qui non si uccidono uomini civili per farne omaggio all'idolo selvaggio.
Qui si immola l'Immolato, qui si colpisce l'Innocente, qui si dà in sacrificio all'Avversario l'incarnato Figlio di Dio vivente nel Ss. Sacramento col Suo Corpo Sangue Anima e Divinità.

Oh! come deve ridere del suo orrendo riso Lucifero, in queste sue epoche e ore di gloria!
È egli, il maledetto, il fulminato, lo scacciato da Dio sul suo trono, su quel trono che gli uomini gli innalzano, e al suo orrendo dileggio è offerto l'Agnello, Colui che egli mai non vinse, Colui nel quale mai egli poté entrare, Colui che lo vinse cento e mille volte, e lo vince da venti secoli, e lo vincerà sino alla fineliberando gli spiriti di buona volontà dalla sua potestà infame.

Sarà vinto. Ma intanto ha una parvenza di vincitore.
il Sacramento dei sacramenti, questo mistero d'amore per il quale anche il più serafico amore d'uomo è sempre insufficiente a dargli il degno onore, è dato da uomini come mezzo a Satana per il suo effimero trionfo.

Questo Paolo non lo conobbe. No. 

La misericordia di Dio gli tenne occultoquesto peccato che fa fremere il Cielo tutto
E – ascoltate bene, o voi che col Cielo fremete d'orrore – e se coloro che profanano le Sacre Specie ignorassero che in esse è il Cristo vivo e vero, così come fu in Terra ed è in Cielo, se non credessero alla sua presenza nelle Specie consacrate, a semplice atto di magia si ridurrebbero le loro pratiche.
Ma essi sanno. E questo costituisce il loro peccato senza perdono.

Non è applicabile per loro la preghiera del Redentore, perché essi “sanno ciò che fanno”.
Non è applicabile la parola di Paolo: “Avendo conosciuto che la divinità, quale che sia pensata e creduta, premia i giusti e punisce i malvagi, perché un concetto di giustizia, anche se molto imperfetto, lo pensa ogni credente nella divinità che si è creata, o che conosce di essere vera ed unica, non compresero che chi fa tali cose è degno di morte”, perché essi comprendono, e ciononostante compiono la profanazione suprema».
     
Maria Valtorta – Lezione sull’Epistola di Paolo ai Romani,
cap. 1°, dal versetto 24 al 31 compreso.


LETTERA AI ROMANI – Fine anno 57 d.C., da Corinto
Capitolo 1
Il peccato dei Gentili e la loro condanna.
18  Poiché l'ira di Dio si manifesta dal cielo contro ogni empietà e ingiustizia degli uomini, che  soffocano la verità nell'ingiustizia; 19  infatti quel che si può conoscere di Dio è in essi manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato; 20  poiché le perfezioni invisibili di Lui fin dalla creazione del mondo, comprendendosi dalle cose fatte, si rendono visibili, quali la Sua eterna potenza e la Sua divinità; laonde essi sono inescusabili, 21  perché avendo conosciuto Iddio non l'hanno glorificato come Dio, né l'hanno ringraziato; ma s'invanirono nei loro ragionamenti, e fu avvolto di tenebre il loro stolto cuore.

22  Dicendo di esser sapienti divennero stolti,  23  e scambiarono la gloria dell'incorruttibile Iddio nella riproduzione di un'immagine di corruttibile uomo, e di volatili e di quadrupedi e di rettili.
24  Perciò li abbandonò Dio, nelle concupiscenze dei loro cuori, alla sconcezza del disonorare tra loro i loro corpi, 25  essi che scambiarono la verità di Dio con la menzogna, e venerarono e resero culto alla creatura invece che al Creatore, il quale è benedetto ne' secoli, così sia!

26  Per questo li abbandonò Iddio a passioni d'infamia, poiché le loro femmine scambiarono l'uso naturale in quello contro natura: 27  e similmente i maschi, lasciato l'uso naturale della donna, si accesero nel desiderio gli uni degli altri, atti turpi operando maschi con maschi, e ricevendo in sé stessi la mercede che si conveniva della loro aberrazione.

28  E poiché non si diedero cura di conoscere Dio, li abbandonò Iddio ai reprobi sentimenti: far ciò che non si deve, 29  ripieni d'ogni ingiustizia, malvagità, fornicazione, avidità, malizia; pieni d'invidia, di omicidio, di contesa, d'inganno, di malignità; sussurroni, 30  maldicenti, in odio a Dio, violenti, superbi, millantatori, inventori di male azioni, disobbedienti ai genitori, 31  insensati, disamorati, sleali, incapaci di sentir compassione; 32  i quali, pur avendo conosciuto la giusta sentenza di Dio, che chi fa tali cose è degno di morte, non solo le fanno, ma approvano chi le fa.