mercoledì 29 settembre 2010

Santi Arcangeli


I sette Arcangeli erano presenti all’Immolazione

Dice Gesù:
“L'Arcangelo Michele, che voi invocate nel Confiteor, ma, secondo la vostra abitudine, con l'anima assente, troppo assente, era presente alla Mia morte di croce. I sette grandi Arcangeli che stanno in perenne davanti al trono di Dio, erano tutti presenti al Mio Sacrificio.
E non dire che ciò è in contraddizione col mio dire: "Il Cielo era chiuso". Il Padre, lo ripeto, era assente, lontano, nel momento in cui la Grande Vittima compiva l'Immolazione per la salute del mondo
Se il Padre fosse stato Meco, il Sacrificio non sarebbe stato totale. Sarebbe stato unicamente sacrificio della Carne condannata alla morte. Ma Io dovevo compiere il totale olocausto.

Nessuna delle tre facce dell'uomo: quella carnale, quella morale, quella spirituale, doveva essere esclusa dal sacrificio, perché Io ero immolato per tutte le colpe, e non soltanto per le colpe del senso
Or dunque è comprensibile che anche il morale e lo spirituale Mio dovevano essere stritolati, annichiliti nella mola del tremendo Sacrificio. Ed è anche comprensibile che il Mio Spirito non avrebbe sofferto se Esso fosse stato fuso con Quello del Padre.
Ma ero solo.

Innalzato, non materialmente ma soprannaturalmente, a una tale distanza dalla Terra che nulla più di conforto poteva venirmi da essa. Isolato da ogni conforto umano. Innalzato sul mio patibolo avevo portato su esso il peso immisurabile delle colpe di tutta un'umanità di millenni passati e di millenni avvenire, ed esso peso Mi schiacciava più della Croce, trascinata con tanta fatica da un corpo già agonico per le erte, afose, sassose vie di Gerusalemme, fra i lazzi e gli urtoni di una plebe imbestialita.

Sulla Croce ero col Mio soffrire totale di carne seviziata e col Mio supersoffrire di spirito accasciato da un cumulo di colpe che nessun aiuto divino rendeva sopportabili.
Ero un naufrago in mezzo ad un oceano in tempesta e dovevo morire così. Il Mio Cuore si è schiantato sotto l'affanno di questo peso e di questo abbandono.

Mia Madre m'era vicina. Lei sì. Eravamo noi due, i Martiri, avvolti nello strazio e nell'abbandono
E il vederci l'un l'altro era tortura aggiunta a tortura. Poiché ogni Mio fremito lacerava le fibre di Mia Madre, ed ogni suo gemito era un nuovo flagello sulle Mie carni flagellate e un nuovo chiodo infisso non nelle palme, ma nel Mio Cuore. Uniti e divisi nello stesso tempo per soffrire di più, e su noi i Cieli chiusi sul corruccio del Padre e tanto lontani…

Ma gli Arcangeli erano presenti all'Immolazione del Figlio di Dio per la salute dell'uomo e alla Tortura della Vergine-Madre. E se è detto nell'Apocalisse che agli ultimi tempi un Angelo farà l'offerta dell'incenso più santo al trono di Dio, avanti di spargere il fuoco primo dell'ira divina sulla Terra, come non pensate che fra le preghiere dei santi, incenso imperituro e degno dell'Altissimo, non siano, prime fra tutte, le lacrime, oranti più di qualsiasi parola, della Mia Santa benedetta, della Mia Martire dolcissima, della Madre Mia, raccolte dall'angelo che portò l'annuncio e che raccolse l'adesione, del testimone angelico degli sponsali soprannaturali per i quali la Natura Divina contrasse legame con la natura umana, attrasse alle Sue altezze una carne e abbassò il Suo Spirito a divenire carne per la pace fra l'uomo e Dio?

Gabriele e i suoi celesti compagni curvi sul dolore di Gesù e di Maria, impossibilitati a sollevarlo, perché era l'ora della Giustizia, ma non assenti da esso, hanno raccolto nel loro intelletto di luce tutti i particolari di quell'ora, tutti, per illustrarli, quando il tempo non sarà più, alla vista dei risorti: gaudio dei beati e condanna prima dei reprobi, anticipo a questi e a quelli di ciò che sarà dato da Me, Giudice supremo e Re altissimo”.

Maria Valtorta – Dettato del 13 settembre 1943

martedì 28 settembre 2010

ABBI FIDUCIA IN ME: fa' che il tuo cuore batta all'unisono col Mio Cuore...



Lascia fare a Me. Avrai tutte le illuminazioni e gli aiuti necessari,
se renderai intensa la tua fusione di volontà con Me.
Non aver mai paura.
Ti ispirerò in tempo utile le soluzioni secondo il Mio Cuore
e ti accorderò anche i mezzi temporali per realizzarle.

Devi lavorare ancora molto per Me,
ma Io sarò la tua ispirazione, il tuo sostegno, la tua luce e la tua gioia.
Abbi solo un desiderio: che Io mi serva di te come intendo,
senza conti da renderti né spiegazioni da darti.
Dammi fiducia e ripeti spesso: Gesù, ho fiducia in Te. Ho piena fiducia in Te”.

Non turbarti né per contraddizioni, opposizioni, incomprensioni, calunnie,
né per oscurità, nebbie, incertezze:
sono cose che arrivano e passano, ma servono a fortificare la tua fede.
Ti sono vicino e non ti abbandono mai.

Io sono Colui che non delude mai e dona sempre più di quanto promette.
Voglio che la tua vita sia una testimonianza di fiducia.
Ricorda che ti sono sempre vicino, sempre ascolto le tue preghiere e non ti abbandono.
Perché sono l’Amore e se tu sapessi fin dove puoi essere amato!
Poi perché mi servo di te molto di più di quanto non pensi.
Rimani vicino a Me, trova riposo nel Mio Cuore.

Non contare su di te, conta su di Me.
Non contare sulla tua preghiera, ma prega unendoti alla Mia preghiera, che è l’unica che valga.
Non contare sulla tua azione, né sulla tua influenza: conta sulla Mia azione e sulla mia influenza.
Non aver paura. Dammi solo fiducia.
Quando sei debole, povero, nella notte spirituale, in agonia sulla croce…
offri la Mia offerta essenziale, universale al Padre.

Unisci la tua preghiera alla Mia preghiera. Prega con la Mia preghiera.
Io conosco le tue intenzioni meglio di te. Confidamele tutte insieme.
Non ti impedisco di avere delle intenzioni e di farmele conoscere, ma partecipa soprattutto alle Mie.
Unisci il tuo lavoro ai Miei lavori, le tue gioie alla Mia gioia,
le tue pene, le tue lacrime, le tue sofferenze alle Mie.

Tu devi scomparire progressivamente in Me.
Adesso per te molte cose sono mistero, ma saranno luce e rendimento di grazie nella gloria.
Desidera che tutti Mi amino. I tuoi atti di desiderio valgono tutti gli apostolati.

Sii sempre più disponibile. Abbi fiducia.
Ti ho condotto per strade apparentemente sconcertanti, ma non ti ho mai abbandonato
e mi sono servito di te, a modo Mio, per realizzare uno stupendo disegno d’amore.
Convinciti che io sono la dolcezza e la bontà perfette, poiché vedo le cose in profondità,
nella loro dimensione esatta, e posso misurare bene fino a qual punto i vostri sforzi, per quanto piccoli,
sono meritori. Per questo sono anche mite e umile di Cuore, pieno di tenerezza e di misericordia.

Nessuno abbia paura di Me, perché l’eccessivo timore rattrista e chiude.
Nulla Mi fa soffrire quanto lo scoprire un residuo di sfiducia in un cuore che vorrebbe amarmi.
Dunque, non tormentare troppo la tua coscienza. Rischi di scorticarla.
Chiedi umilmente al Mio Spirito di illuminarti e di aiutarti ad eliminare
tutte le arie malsane che ti avvelenano.

Non sai forse con certezza che ti amo? E questo non dovrebbe bastarti?
La gioia fiduciosa apre e dilata.
La fiducia è l’espressione d’amore che più Mi onora e Mi commuove.
In ogni attimo ho delle attenzioni per te.
Tu te ne accorgi solo qualche volta, ma il Mio affetto per te è costante
e se vedessi che cosa faccio per te ne rimarresti meravigliato…

Non hai nulla da temere, anche quando sei nella sofferenza:
Io sono sempre presente e la Mia Grazia ti sostiene,
perché tu la faccia valere a profitto dei tuoi fratelli e sorelle.
E poi,  ci sono tutte le benedizioni di cui ti ricolmo durante la giornata, la protezione di cui ti circondo,
le idee che faccio germogliare nel tuo spirito, i sentimenti di bontà che ti ispiro,
la simpatia e la fiducia che effondo intorno a te e molte altre cosa ancora che tu neppure immagini.

Non ottieni di più perché non riponi abbastanza la tua fiducia
nella Mia misericordia e nella Mia tenerezza per te.
La fiducia che non si rinnova si indebolisce e svanisce.
Sotto l’influsso del Mio Spirito fai crescere sia la fiducia nella Mia potenza misericordiosa,
sia il desiderio di invocarla in tuo aiuto e in aiuto della Chiesa.

Chiedi con Fede, con forza, perfino con fiduciosa insistenza.
Se non sei esaudito subito, secondo le tue attese, lo sarai un giorno non lontano
e nel modo che tu stesso avresti desiderato, se vedessi le cose come le vedo Io.
Chiedi per te, ma anche per gli altri.
Fai trascorrere nell’intensità delle tue invocazioni il mare delle miserie umane.
Assumile in te e portale alla Mia presenza.

Chiedi  per la Chiesa, per le Missioni, per le Vocazioni.
Chiedi per coloro che hanno tutto e per coloro che non hanno niente,
per coloro che sono tutto e per coloro che non sono niente,
per coloro che credono di fare tutto e per coloro che non fanno niente.
O credono di non fare niente.

Prega per i sani che non si rendono conto del privilegio
della integrità del loro corpo e del loro spirito,
e per gli infermi, i deboli, i poveri anziani che sono assillati da ciò che non va.
Prega soprattutto per coloro che muoiono o stanno per morire.
Invoca la Mia Misericordia.

Affidati a Me fiduciosamente. Non cercare neppure di sapere dove ti conduco.

Tieniti stretto a Me e procedi senza esitare, a occhi chiusi, abbandonato a Me. 
La storia dimostra fino a qual punto Io sappia far scaturire il bene dal male.
Non bisogna giudicare dalle apparenze. Il Mio Spirito agisce nei cuori in modo invisibile.

Dammi sempre più fiducia. La tua luce, sono Io; la tua forza, sono Io; la tua potenza, sono Io.
Senza di Me saresti soltanto tenebra, debolezza e sterilità.
Con Me non c’è nessuna difficoltà in cui tu non possa riuscire vincitore,
ma non per trarne gloria o vanità.
Ti attribuiresti in modo indebito ciò che non ti appartiene. Dammi solo fiducia.

Se talvolta ho bisogno della tua sofferenza per compensare molte ambiguità e resistenze umane,
non dimenticare che non sarai mai provato oltre le tue forze corroborate dalla Mia Grazia.

È per amore, a te e al mondo, che ti associo alla Mia Redenzione;
ma Io sono più che tutto tenerezzadelicatezzabontà.
Ti darò sempre gli aiuti materiali e spirituali se rimarrai unito a Me.
E tutto ciò giorno dopo giorno, in dipendenza da me,
l’Unico che rende feconda la tua attività e le tue sofferenze.

Se le anime avessero più fiducia in Me e Mi trattassero con affetto fiducioso e profondo,
come si sentirebbero più aiutate e al tempo stesso più amate!
Io vivo nell'intimo di ciascuna di esse, ma sono poche quelle che si preoccupano di Me,
della Mia presenza, dei Miei desideri, dei Miei aiuti.

Io sono Colui che dona e vuole donare sempre di più,
ma è necessario che mi si desideri e si faccia affidamento su di Me.

Ti ho guidato sempre e la mia mano misteriosa ti ha sostenuto
e molto spesso, a tua insaputa, ti ho impedito di vacillare.

ConcediMi dunque tutta la tua fiducia, con grande umiltà e lucida coscienza della tua debolezza,
ma con grande Fede nella Mia potenza.

Ripetimi: Gesù, ho piena fiducia in Te”.

lunedì 27 settembre 2010

Prolusione di domenica 25 aprile 2010 - Villa Sacro Cuore - Triuggio



Adorazione eucaristica di domenica 25 Aprile 2010
Villa Sacro Cuore – Triuggio

Oggi, carissimi, vorrei parlarvi  in modo non troppo prolungato, poiché desidero che lasciamo spazio a quel colloquio interiore che il Signore Gesù, realmente presente qui Vivo e Vero, vuole intrecciare nel silenzio con ciascuno di noi, che siamo convenuti in questa cappella per tenerGli compagnia e consolarLo, pregandoLo in modo speciale per i Suoi sacerdoti.
Il bene dei sacerdoti, dei pastori, non potrà che essere poi il nostro stesso bene: poiché il sacerdote santo è una grande benedizione per il gregge di Dio.

Siamo, per grazia del Signore, nel pieno del Tempo di Pasqua: Gesù Risorto è al centro della liturgia e della contemplazione della Chiesa, Sua Sposa … ma, ci chiediamo subito:
e noi siamo risorti con Lui?...

Come faccio a capire quanto la mia vita sia una vera esperienza della Risurrezione di Nostro Signore, e quanto no?

“Se Mi amate, osserverete i Miei Comandamenti”
ci dice il Signore, nel Suo Vangelo (Giovanni 14,15)

E l’apostolo Giovanni, mistica aquila, ci avvisa:
“… chi non ama, non ha conosciuto Dio” (I Giovanni 4,8).

Dunque: i Dieci Comandamenti e l’amore concreto al prossimo, esercitato con le varie opere di misericordia, sono uno specchio per l’anima, per vedere quanto in lei regni la vita nuova che il Buon Pastore ci ha donato a prezzo del Suo Sangue, e quanto invece domini ancora, purtroppo, l’uomo vecchio, che è di terra e pensa alle cose della terra.
A tal proposito, ci viene oggi in aiuto l’autore de “L’Imitazione di Cristo” (prezioso libretto che vi consiglio vivamente di leggere), il quale in modo sintetico ci illustra cosa siano queste cose della terra, che ci appesantiscono il cuore ed impediscono il volo dell’anima verso Dio, suo amato Sposo:

Vanità
è dunque ricercare le ricchezze, destinate a finire, e porre in esse le nostre speranze.

Vanità
è pure ambire agli onori e montare in alta condizione.

Vanità
è seguire desideri carnali e aspirare a cose, per le quali si debba poi essere gravemente puniti.

Vanità
è aspirare a vivere a lungo, e darsi poco pensiero di vivere bene.

Vanità
è occuparsi soltanto della vita presente e non guardare fin d’ora al futuro
(nota: cioè alla Vita eterna).

Vanità
è amare ciò che passa con tutta rapidità e non affrettarsi là, dove dura eterna gioia.


Ricordati spesso di quel proverbio:
“Non si sazia l’occhio di guardare, né mai l’orecchio è sazio di udire” (Qo 1,8).

Fa’, dunque, che il tuo cuore sia distolto dall’amore delle cose visibili di quaggiù
e che tu sia portato verso le cose di Lassù, che non vediamo.
Giacché chi va dietro ai propri sensi macchia la propria coscienza e perde la grazia di Dio.


Carissimi, noi stiamo qui sulla terra solo per poco tempo.
Siamo davvero come il fiore del campo che oggi è stupendo, ma che domani appassirà e di esso non se ne trova più alcuna traccia.

Dio che ci ama, ci avvisa, attraverso il Qo (1,2)

“Vanità delle vanità, tutto è vanità”

ma l’autore dell’Imitazione aggiunge:

“fuorché amare Dio e servire Lui solo.

Questa è la massima sapienza:
tendere ai regni celesti, disprezzando questo mondo”.

Cari fratelli e sorelle, preghiamo Gesù risorto e Vivo, che ci aiuti a distogliere il cuore da qualsiasi affetto disordinato alle creature per volgerci senza impacci al Suo santo servizio e ad amarLo con tutta l’anima.
SupplichiamoLo, perché ci dia la forza di andare controcorrente, rigettando senza indugi le seduzioni del peccato e di questa sensualità esasperata che quasi da ogni parte assediano l’anima.
Allora, quando Lo seguiremo con tutto il cuore, troveremo la vera pace che la nostra anima ricerca.

È impegnativo vivere sempre secondo Cristo.
Ma non dimentichiamo mai, carissimi, che il premio che ci è stato promesso da Dio per il nostro sforzo quotidiano di vivere come Suoi veri figli, non è una gioia effimera o un onore passeggero (tipo quello delle passerelle del mondo), bensì – questo premio, meglio: questo Dono – è la VITA ETERNA.

Il mio sincero augurio è che possiamo veramente capire col cuore l’immensità della grazia che il Signore ci ha fatto dandoci la luce della Fede nei nostri cuori e chiamandoci ad essere cristiani nella Sua Chiesa Cattolica.
Il Suo Santo Spirito ci illumini interiormente e ci aiuti a scegliere anche noi, come Maria di Betania, la parte migliore, che non ci sarà tolta.
Per fare che tutto ciò si realizzi, carissimi, è assolutamente necessario che ogni giorno noi coltiviamo la preghiera e la vita interiore, meditando il Vangelo. Sono necessari quotidiani spazi di silenzio.
Ci aiuti Maria, la nostra Madre Celeste, Lei che sempre ha ascoltato e amato e seguito il Suo Signore, ed ora in Cielo è la creatura più felice di tutte.
Gesù anche oggi è qui e ci dice: “Ecco, sto alla porta e busso …” (Apocalisse 3,20); sta bussando alla porta del tuo cuore, cara sorella/caro fratello …
Permettiamo, carissimi, al Signore Gesù di entrare realmente nella nostra vita – Lui che vuole solo il nostro maggior bene, la nostra felicità – e di fare di ciascuno di noi un bellissimo fiore per il Suo Cielo.


Ogni lode a Lui, sempre!


Sabrina
http://www.messaggidelsacrocuore.it/

venerdì 24 settembre 2010

ISTRUZIONE CIRCA LE PREGHIERE PER OTTENERE DA DIO LA GUARIGIONE




CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

 ISTRUZIONE CIRCA LE PREGHIERE
PER OTTENERE DA DIO LA GUARIGIONE
  

INTRODUZIONE

 L'anelito di felicità, profondamente radicato nel cuore umano, è da sempre accompagnato dal desiderio di ottenere la liberazione dalla malattia e di capirne il senso quando se ne fa l'esperienza. Si tratta di un fenomeno umano, che interessando in un modo o nell'altro ogni persona, trova nella Chiesa una particolare risonanza. Infatti la malattia viene da essa compresa come mezzo di unione con Cristo e di purificazione spirituale e, da parte di coloro che si trovano di fronte alla persona malata, come occasione di esercizio della carità. Ma non soltanto questo, perché la malattia, come altre sofferenze umane, costituisce un momento privilegiato di preghiera: sia di richiesta di grazia, per accoglierla con senso di fede e di accettazione della volontà divina, sia pure di supplica per ottenere la guarigione.
 La preghiera che implora il riacquisto della salute è pertanto una esperienza presente in ogni epoca della Chiesa, e naturalmente nel momento attuale. Ciò che però costituisce un fenomeno per certi versi nuovo è il moltiplicarsi di riunioni di preghiera, alle volte congiunte a celebrazioni liturgiche, con lo scopo di ottenere da Dio la guarigione. In diversi casi, non del tutto sporadici, vi si proclama l'esistenza di avvenute guarigioni, destando in questo modo delle attese dello stesso fenomeno in altre simili riunioni. In questo contesto si fa appello, alle volte, a un preteso carisma di guarigione.
 Siffatte riunioni di preghiera per ottenere delle guarigioni pongono inoltre la questione del loro giusto discernimento sotto il profilo liturgico, in particolare da parte dell'autorità ecclesiastica, a cui spetta vigilare e dare le opportune norme per il retto svolgimento delle celebrazioni liturgiche.
 E' sembrato pertanto opportuno pubblicare una Istruzione, a norma del can. 34 del Codice di Diritto Canonico, che serva soprattutto di aiuto agli Ordinari del luogo affinché meglio possano guidare i fedeli in questa materia, favorendo ciò che vi sia di buono e correggendo ciò che sia da evitare. Occorreva però che le determinazioni disciplinari trovassero come riferimento una fondata cornice dottrinale che ne garantisse il giusto indirizzo e ne chiarisse la ragione normativa. A questo fine è stata premessa alla parte disciplinare una parte dottrinale sulle grazie di guarigione e le preghiere per ottenerle.
  
 I. ASPETTI DOTTRINALI
 1. Malattia e guarigione: il loro senso e valore nell'economia della salvezza
 “L'uomo è chiamato alla gioia ma fa quotidiana esperienza di tantissime forme di sofferenza e di dolore”.(1) Perciò il Signore nelle sue promesse di redenzione annuncia la gioia del cuore legata alla liberazione dalle sofferenze (cfr. Is 30,29; 35,10; Bar 4,29). Infatti Egli è “colui che libera da ogni male” (Sap 16,8). Tra le sofferenze, quelle che accompagnano la malattia sono una realtà continuamente presente nella storia umana e sono anche oggetto del profondo desiderio dell'uomo di liberazione da ogni male.
 Nell'Antico Testamento, “Israele sperimenta che la malattia è legata, in un modo misterioso, al peccato e al male”.(2) Tra le punizioni minacciate da Dio all'infedeltà del popolo, le malattie trovano un ampio spazio (cfr. Dt 28,21-22.27-29.35). Il malato che implora da Dio la guarigione, confessa di essere giustamente punito per i suoi peccati (cfr. Sal 37; 40; 106,17-21).
 La malattia però colpisce anche i giusti e l'uomo se ne domanda il perché. Nel libro di Giobbe questo interrogativo percorre molte delle sue pagine. “Se è vero che la sofferenza ha un senso come punizione, quando è legata alla colpa, non è vero, invece, che ogni sofferenza sia conseguenza della colpa e abbia carattere di punizione. La figura del giusto Giobbe ne è una prova speciale nell'Antico Testamento. (...) E se il Signore acconsente a provare Giobbe con la sofferenza, lo fa per dimostrarne la giustizia. La sofferenza ha carattere di prova”.(3)
 La malattia, pur potendo avere un risvolto positivo quale dimostrazione della fedeltà del giusto e mezzo di ripagare la giustizia violata dal peccato e anche di far ravvedere il peccatore perché percorra la via della conversione, rimane tuttavia un male. Perciò il profeta annunzia i tempi futuri in cui non ci saranno più malanni e invalidità e il decorso della vita non sarà più troncato dal morbo mortale (cfr. Is 35,5-6; 65,19-20).
 Tuttavia è nel Nuovo Testamento che l'interrogativo sul perché la malattia colpisce anche i giusti trova piena risposta. Nell'attività pubblica di Gesù, i suoi rapporti coi malati non sono sporadici, bensì continui. Egli ne guarisce molti in modo mirabile, sicché le guarigioni miracolose caratterizzano la sua attività: “Gesù andava attorno per tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando il vangelo del regno e curando ogni malattia e infermità” (Mt 9,35; cfr. 4,23). Le guarigioni sono segni della sua missione messianica (cfr. Lc 7,20-23). Esse manifestano la vittoria del regno di Dio su ogni sorta di male e diventano simbolo del risanamento dell'uomo tutto intero, corpo e anima. Infatti servono a dimostrare che Gesù ha il potere di rimettere i peccati (cfr. Mc 2,1-12), sono segni dei beni salvifici, come la guarigione del paralitico di Betzata (cfr. Gv 5,2-9.19-21) e del cieco nato (cfr. Gv 9).
Anche la prima evangelizzazione, secondo le indicazioni del Nuovo Testamento, era accompagnata da numerose guarigioni prodigiose che corroboravano la potenza dell'annuncio evangelico. Questa era stata la promessa di Gesù risorto e le prime comunità cristiane ne vedevano l'avverarsi in mezzo a loro: “E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: (...) imporranno le mani ai malati e questi guariranno” (Mc 16,17-18). La predicazione di Filippo a Samaria fu accompagnata da guarigioni miracolose: “Filippo, sceso in una città della Samaria, cominciò a predicare loro il Cristo. E le folle prestavano ascolto unanimi alle parole di Filippo sentendolo parlare e vedendo i miracoli che egli compiva. Da molti indemoniati uscivano spiriti immondi, emettendo alte grida e molti paralitici e storpi furono risanati” (At 8,5-7). San Paolo presenta il suo annuncio del vangelo come caratterizzato da segni e prodigi realizzati con la potenza dello Spirito: “non oserei infatti parlare di ciò che Cristo non avesse operato per mezzo mio per condurre i pagani all'obbedienza, con parole e opere, con la potenza di segni e di prodigi, con la potenza dello Spirito” (Rm 15,18-19; cfr. 1Ts 1,5; 1Cor 2,4-5). Non è per nulla arbitrario supporre che tali segni e prodigi, manifestativi della potenza divina che assisteva la predicazione, erano costituiti in gran parte da guarigioni portentose. Erano prodigi non legati esclusivamente alla persona dell'Apostolo, ma che si manifestavano anche attraverso i fedeli: “Colui che dunque vi concede lo Spirito e opera portenti in mezzo a voi, lo fa grazie alle opere della legge o perché avete creduto alla predicazione?” (Gal 3,5). 
La vittoria messianica sulla malattia, come su altre sofferenze umane, non soltanto avviene attraverso la sua eliminazione con guarigioni portentose, ma anche attraverso la sofferenza volontaria e innocente di Cristo nella sua passione e dando ad ogni uomo la possibilità di associarsi ad essa. Infatti “Cristo stesso, che pure è senza peccato, soffrì nella sua passione pene e tormenti di ogni genere, e fece suoi i dolori di tutti gli uomini: portava così a compimento quanto aveva scritto di lui il profeta Isaia (cfr. Is 53,4-5)”.(4) Ma c'è di più: “Nella croce di Cristo non solo si è compiuta la redenzione mediante la sofferenza, ma anche la stessa sofferenza umana è stata redenta. (...) Operando la redenzione mediante la sofferenza, Cristo ha elevato insieme la sofferenza umana a livello di redenzione. Quindi anche ogni uomo, nella sua sofferenza, può diventare partecipe della sofferenza redentiva di Cristo”.(5)
 La Chiesa accoglie i malati non soltanto come oggetto della sua amorevole sollecitudine, ma anche riconoscendo loro la chiamata “a vivere la loro vocazione umana e cristiana ed a partecipare alla crescita del Regno di Dio in modalità nuove, anche più preziose. Le parole dell'apostolo Paolo devono divenire il loro programma e, prima ancora, sono luce che fa splendere ai loro occhi il significato di grazia della loro stessa situazione: "Completo quello che manca ai patimenti di Cristo nella mia carne, in favore del suo corpo, che è la Chiesa" (Col 1,24). Proprio facendo questa scoperta, l'apostolo è approdato alla gioia: "Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi" (Col 1,24)”.(6) Si tratta della gioia pasquale, frutto dello Spirito Santo. E come san Paolo, anche “molti malati possono diventare portatori della "gioia dello Spirito Santo in molte tribolazioni" (1Ts 1,6) ed essere testimoni della risurrezione di Gesù”.(7)
  
2. Il desiderio di guarigione e la preghiera per ottenerla
 Premessa l'accettazione della volontà di Dio, il desiderio del malato di ottenere la guarigione è buono e profondamente umano, specie quando si traduce in preghiera fiduciosa rivolta a Dio. Ad essa esorta il Siracide: “Figlio, non avvilirti nella malattia, ma prega il Signore ed egli ti guarirà” (Sir 38,9). Diversi salmi costituiscono una supplica di guarigione (cfr. Sal 6; 37; 40; 87).
 Durante l'attività pubblica di Gesù, molti malati si rivolgono a lui, sia direttamente sia tramite i loro amici o congiunti, implorando la restituzione della sanità. Il Signore accoglie queste suppliche e i Vangeli non contengono neppure un accenno di biasimo di tali preghiere. L'unico lamento del Signore riguarda l'eventuale mancanza di fede: “Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede” (Mc 9,23; cfr. Mc 6,5-6; Gv 4,48).
 Non soltanto è lodevole la preghiera dei singoli fedeli che chiedono la guarigione propria o altrui, ma la Chiesa nella liturgia chiede al Signore la salute degli infermi. Innanzi tutto ha un sacramento “destinato in modo speciale a confortare coloro che sono provati dalla malattia: l'Unzione degli infermi”.(8) “In esso, per mezzo di una unzione, accompagnata dalla preghiera dei sacerdoti, la Chiesa raccomanda i malati al Signore sofferente e glorificato, perché dia loro sollievo e salvezza”.(9) Immediatamente prima, nella Benedizione dell'olio, la Chiesa prega: “effondi la tua santa benedizione, perché quanti riceveranno l'unzione di quest'olio ottengano conforto, nel corpo, nell'anima e nello spirito, e siano liberi da ogni dolore, da ogni debolezza, da ogni sofferenza(10); e poi, nei due primi formulari di preghiera dopo l'unzione, si chiede pure la guarigione dell'infermo.(11) Questa, poiché il sacramento è pegno e promessa del regno futuro, è anche annuncio della risurrezione, quando “non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate” (Ap 21,4). Inoltre il Missale Romanum contiene una Messa pro infirmis e in essa, oltre a grazie spirituali, si chiede la salute dei malati.(12)
 Nel De benedictionibus del Rituale Romanum, esiste un Ordo benedictionis infirmorum, nel quale ci sono diversi testi eucologici che implorano la guarigione: nel secondo formulario delle Preces(13), nelle quattro Orationes benedictionis pro adultis(14), nelle due Orationes benedictionis pro pueris(15), nella preghiera del Ritus brevior.(16)
 Ovviamente il ricorso alla preghiera non esclude, anzi incoraggia a fare uso dei mezzi naturali utili a conservare e a ricuperare la salute, come pure incita i figli della Chiesa a prendersi cura dei malati e a recare loro sollievo nel corpo e nello spirito, cercando di vincere la malattia. Infatti “rientra nel piano stesso di Dio e della sua provvidenza che l'uomo lotti con tutte le sue forze contro la malattia in tutte le sue forme, e si adoperi in ogni modo per conservarsi in salute”.(17)
  
3. Il carisma di guarigione nel Nuovo Testamento
 Non soltanto le guarigioni prodigiose confermavano la potenza dell'annuncio evangelico nei tempi apostolici, ma lo stesso Nuovo Testamento riferisce circa una vera e propria concessione da parte di Gesù agli Apostoli e ad altri primi evangelizzatori di un potere di guarire dalle infermità. Così nella chiamata dei Dodici alla prima loro missione, secondo i racconti di Matteo e di Luca, il Signore concede loro “il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e d'infermità” (Mt 10,1; cfr. Lc 9,1), e dà loro l'ordine: “Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demoni” (Mt 10,8). Anche nella missione dei settantadue discepoli, l'ordine del Signore è: “curate i malati che vi si trovano” (Lc 10,9). Il potere, pertanto, viene donato all'interno di un contesto missionario, non per esaltare le loro persone, ma per confermarne la missione.
 Gli Atti degli Apostoli riferiscono in generale dei prodigi realizzati da loro: “prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli” (At 2,43; cfr. 5,12). Erano prodigi e segni, quindi opere portentose che manifestavano la verità e forza della loro missione. Ma, a parte queste brevi indicazioni generiche, gli Atti riferiscono soprattutto delle guarigioni miracolose compiute per opera di singoli evangelizzatori: Stefano (cfr. At 6,8), Filippo (cfr. At 8,6- 7), e soprattutto Pietro (cfr. At 3,1-10; 5,15; 9,33-34.40-41) e Paolo (cfr. At 14,3.8-10; 15,12; 19,11-12; 20,9-10; 28,8-9).
 Sia la finale del Vangelo di Marco sia la Lettera ai Galati, come si è visto sopra, ampliano la prospettiva e non limitano le guarigioni prodigiose all'attività degli Apostoli e di alcuni evangelizzatori aventi un ruolo di spicco nella prima missione. Sotto questo profilo acquistano uno speciale rilievo i riferimenti ai “carismi di guarigioni” (cfr. 1 Cor 12,9.28.30). Il significato di carisma, di per sé assai ampio, è quello di “dono generoso”; e in questo caso si tratta di “doni di guarigioni ottenute”. Queste grazie, al plurale, sono attribuite a un singolo (cfr. 1 Cor 12,9), pertanto non vanno intese in senso distributivo, come guarigioni che ognuno dei guariti ottiene per se stesso, bensì come dono concesso a una persona di ottenere grazie di guarigioni per altri. Esso è dato in un solo Spirito, ma non si specifica nulla sul come quella persona ottiene le guarigioni. Non è arbitrario sottintendere che ciò avvenga per mezzo della preghiera, forse accompagnata da qualche gesto simbolico. 
Nella Lettera di san Giacomo si fa riferimento a un intervento della Chiesa attraverso i presbiteri a favore della salvezza, anche in senso fisico, dei malati. Ma non si fa intendere che si tratti di guarigioni prodigiose: siamo in un ambito diverso da quello dei “carismi di guarigioni” di 1Cor 12,9. “Chi è malato, chiami a sé i presbiteri della Chiesa e preghino su di lui, dopo averlo unto con olio, nel nome del Signore. E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo rialzerà e se ha commesso peccati, gli saranno perdonati” (Gc 5,14-15). Si tratta di un'azione sacramentale: unzione del malato con olio e preghiera su di lui, non semplicemente “per lui”, quasi non fosse altro che una preghiera di intercessione o di domanda; si tratta piuttosto di un'azione efficace sull'infermo.(18) I verbi “salverà” e “rialzerà” non suggeriscono un'azione mirante esclusivamente, o soprattutto, alla guarigione fisica, ma in un certo modo la includono. Il primo verbo, benché le altre volte che compare nella Lettera si riferisca alla salvezza spirituale (cfr. 1,21; 2,14; 4,12; 5,20), è anche usato nel Nuovo Testamento nel senso di “guarire” (cfr. Mt 9,21; Mc 5,28.34; 6,56; 10,52; Lc 8,48); il secondo verbo, pur assumendo alle volte il senso di “risorgere” (cfr. Mt 10,8; 11,5; 14,2), viene anche usato per indicare il gesto di “sollevare” la persona distesa a causa di una malattia guarendola prodigiosamente (cfr. Mt 9,5; Mc 1,31; 9,27; At 3,7).
 
 4. Le preghiere per ottenere da Dio la guarigione nella Tradizione
 I Padri della Chiesa consideravano normale che il credente chiedesse a Dio non soltanto la salute dell'anima, ma anche quella del corpo. A proposito dei beni della vita, della salute e dell'integrità fisica, S. Agostino scriveva: “Bisogna pregare che ci siano conservati, quando si hanno, e che ci siano elargiti, quando non si hanno”.(19) Lo stesso Padre della Chiesa ci ha lasciato la testimonianza di una guarigione di un amico ottenuta con le preghiere di un Vescovo, di un sacerdote e di alcuni diaconi nella sua casa.(20)
 Uguale orientamento si osserva nei riti liturgici sia Occidentali che Orientali. In una preghiera dopo la Comunione si chiede che “la potenza di questo sacramento... ci pervada corpo e anima”.(21) Nella solenne liturgia del Venerdì Santo viene rivolto l'invito a pregare Dio Padre onnipotente affinché “allontani le malattie... conceda la salute agli ammalati”.(22) Tra i testi più significativi si segnala quello della benedizione dell'olio degli infermi. Qui si chiede a Dio di effondere la sua santa benedizione “perché quanti riceveranno l'unzione di quest'olio ottengano conforto nel corpo, nell'anima e nello spirito, e siano liberi da ogni dolore, da ogni debolezza, da ogni sofferenza”.(23)
 Non diverse sono le espressioni che si leggono nei riti Orientali dell'unzione degli infermi. Ricordiamo solo alcune tra le più significative. Nel rito bizantino durante l'unzione dell'infermo si prega: “Padre santo, medico delle anime e dei corpi, che hai mandato il tuo Figlio unigenito Gesù Cristo a curare ogni malattia e a liberarci dalla morte, guarisci anche questo tuo servo dall'infermità del corpo e dello spirito, che lo affligge, per la grazia del tuo Cristo”.(24) Nel rito copto si invoca il Signore di benedire l'olio affinché tutti coloro che ne verranno unti possano ottenere la salute dello spirito e del corpo. Poi, durante l'unzione dell'infermo, i sacerdoti, fatta menzione di Gesù Cristo mandato nel mondo “a sanare tutte le infermità e a liberare dalla morte”, chiedono a Dio “di guarire l'infermo dalle infermità del corpo e a dargli la via retta”.(25)
 
5. Il “carisma di guarigione” nel contesto attuale
 Lungo i secoli della storia della Chiesa non sono mancati santi taumaturghi che hanno operato guarigioni miracolose. Il fenomeno, pertanto, non era limitato al tempo apostolico; tuttavia, il cosiddetto “carisma di guarigione” sul quale è opportuno attualmente fornire alcuni chiarimenti dottrinali non rientra fra quei fenomeni taumaturgici. La questione si pone piuttosto in riferimento ad apposite riunioni di preghiera organizzate al fine di ottenere guarigioni prodigiose tra i malati partecipanti, oppure preghiere di guarigione al termine della comunione eucaristica con il medesimo scopo.
 Quanto alle guarigioni legate ai luoghi di preghiera (santuari, presso le reliquie di martiri o di altri santi, ecc.) anch'esse sono abbondantemente testimoniate lungo la storia della Chiesa. Esse contribuirono a popolarizzare, nell'antichità e nel medioevo, i pellegrinaggi ad alcuni santuari che divennero famosi anche per questa ragione, come quelli di san Martino di Tours, o la cattedrale di san Giacomo a Compostela, e tanti altri. Anche attualmente accade lo stesso, come, ad esempio da più di un secolo, a Lourdes. Tali guarigioni non implicano però un “carisma di guarigione”, perché non riguardano un eventuale soggetto di tale carisma, ma occorre tenerne conto nel momento di valutare dottrinalmente le suddette riunioni di preghiera.
 Per quanto riguarda le riunioni di preghiera con lo scopo di ottenere guarigioni, scopo, se non prevalente, almeno certamente influente nella loro programmazione, è opportuno distinguere tra quelle che possono far pensare a un “carisma di guarigione”, vero o apparente che sia, e le altre senza connessione con tale carisma. Perché possano riguardare un eventuale carisma occorre che vi emerga come determinante per l'efficacia della preghiera l'intervento di una o di alcune persone singole o di una categoria qualificata, ad esempio, i dirigenti del gruppo che promuove la riunione. Se non c'è connessione col “carisma di guarigione”, ovviamente le celebrazioni previste nei libri liturgici, se si realizzano nel rispetto delle norme liturgiche, sono lecite, e spesso opportune, come è il caso della Messa pro infirmis. Se non rispettano la normativa liturgica, la legittimità viene a mancare.
 Nei santuari sono anche frequenti altre celebrazioni che di per sé non mirano specificamente ad impetrare da Dio grazie di guarigioni, ma che nelle intenzioni degli organizzatori e dei partecipanti hanno come parte importante della loro finalità l'ottenimento di guarigioni; si fanno per questa ragione celebrazioni liturgiche (ad esempio, l'esposizione del Santissimo Sacramento con la benedizione) o non liturgiche, ma di pietà popolare incoraggiata dalla Chiesa, come la recita solenne del Rosario. Anche queste celebrazioni sono legittime, purché non se ne sovverta l'autentico senso. Ad esempio, non si potrebbe mettere in primo piano il desiderio di ottenere la guarigione dei malati, facendo perdere all'esposizione della Santissima Eucaristia la sua propria finalità; essa infatti “porta i fedeli a riconoscere in essa la mirabile presenza di Cristo e li invita all'unione di spirito con lui, unione che trova il suo culmine nella Comunione sacramentale”.(26)
 Il “carisma di guarigione” non è attribuibile a una determinata classe di fedeli. Infatti è ben chiaro che san Paolo, allorché si riferisce ai diversi carismi in 1 Cor 12, non attribuisce il dono dei “carismi di guarigione” a un particolare gruppo, sia quello degli apostoli, o dei profeti, o dei maestri, o di coloro che governano, o qualunque altro; anzi è un'altra la logica che ne guida la distribuzione: “tutte queste cose è l'unico e il medesimo Spirito che le opera, distribuendole a ciascuno come vuole” (1Cor 12, 11). Di conseguenza, nelle riunioni di preghiera organizzate con lo scopo di impetrare delle guarigioni, sarebbe del tutto arbitrario attribuire un “carisma di guarigione” ad una categoria di partecipanti, per esempio, ai dirigenti del gruppo; non resta che affidarsi alla liberissima volontà dello Spirito Santo, il quale dona ad alcuni un carisma speciale di guarigione per manifestare la forza della grazia del Risorto. D'altra parte, neppure le preghiere più intense ottengono la guarigione di tutte le malattie. Così san Paolo deve imparare dal Signore che “ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza” (2Cor 12,9), e che le sofferenze da sopportare possono avere come senso quello per cui “io completo nella mia carne ciò che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1,24).
 
 II. DISPOSIZIONI DISCIPLINARI
 Art. 1 - Ad ogni fedele è lecito elevare a Dio preghiere per ottenere la guarigione. Quando tuttavia queste si svolgono in chiesa o in altro luogo sacro, è conveniente che esse siano guidate da un ministro ordinato.
 Art. 2 - Le preghiere di guarigione si qualificano come liturgiche, se sono inserite nei libri liturgici approvati dalla competente autorità della Chiesa; altrimenti sono non liturgiche.
 Art. 3 - § 1. Le preghiere di guarigione liturgiche si celebrano secondo il rito prescritto e con le vesti sacre indicate nell'Ordo benedictionis infirmorum del Rituale Romanum.(27)
 § 2. Le Conferenze Episcopali, in conformità a quanto stabilito nei Praenotanda, V., De aptationibus quae Conferentiae Episcoporum competunt,(28) del medesimo Rituale Romanum, possono compiere gli adattamenti al rito delle benedizioni degli infermi, ritenuti pastoralmente opportuni o eventualmente necessari, previa revisione della Sede Apostolica.
 Art. 4 - § 1. Il Vescovo diocesano(29) ha il diritto di emanare norme per la propria Chiesa particolare sulle celebrazioni liturgiche di guarigione, a norma del can. 838 § 4.
 § 2. Coloro che curano la preparazione di siffatte celebrazioni liturgiche, devono attenersi nella loro realizzazione a tali norme.
 § 3. Il permesso per tenere tali celebrazioni deve essere esplicito, anche se le organizzano o vi partecipano Vescovi o Cardinali. Stante una giusta e proporzionata causa, il Vescovo diocesano ha il diritto di porre il divieto ad un altro Vescovo.
 Art. 5 - § 1. Le preghiere di guarigione non liturgiche si realizzano con modalità distinte dalle celebrazioni liturgiche, come incontri di preghiera o lettura della Parola di Dio, ferma restando la vigilanza dell'Ordinario del luogo a norma del can. 839 § 2.
 § 2. Si eviti accuratamente di confondere queste libere preghiere non liturgiche con le celebrazioni liturgiche propriamente dette.
 § 3. E' necessario inoltre che nel loro svolgimento non si pervenga, soprattutto da parte di coloro che le guidano, a forme simili all'isterismo, all'artificiosità, alla teatralità o al sensazionalismo.
 Art. 6 - L'uso degli strumenti di comunicazione sociale, in particolare della televisione, mentre si svolgono le preghiere di guarigione, liturgiche e non liturgiche, è sottoposto alla vigilanza del Vescovo diocesano in conformità al disposto del can. 823, e delle norme stabilite dalla Congregazione per la Dottrina della Fede nell'Istruzione del 30 marzo 1992.(30)
 Art. 7 - § 1. Fermo restando quanto sopra disposto nell'art. 3 e fatte salve le funzioni per gli infermi previste nei libri liturgici, nella celebrazione della Santissima Eucaristia, dei Sacramenti e della Liturgia delle Ore non si devono introdurre preghiere di guarigione, liturgiche e non liturgiche.
 § 2. Durante le celebrazioni, di cui nel § 1, è data la possibilità di inserire speciali intenzioni di preghiera per la guarigione degli infermi nella preghiera universale o "dei fedeli", quando questa è in esse prevista.
 Art. 8 - § 1. Il ministero dell'esorcismo deve essere esercitato in stretta dipendenza con il Vescovo diocesano, a norma del can. 1172, della Lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede del 29 settembre 1985(31) e del Rituale Romanum.(32)
 § 2. Le preghiere di esorcismo, contenute nel Rituale Romanum, devono restare distinte dalle celebrazioni di guarigione, liturgiche e non liturgiche.
§ 3. E' assolutamente vietato inserire tali preghiere di esorcismo nella celebrazione della Santa Messa, dei Sacramenti e della Liturgia delle Ore.
 Art. 9 - Coloro che guidano le celebrazioni di guarigione, liturgiche e non liturgiche, si sforzino di mantenere un clima di serena devozione nell'assemblea e usino la necessaria prudenza se avvengono guarigioni tra gli astanti; terminata la celebrazione, potranno raccogliere con semplicità e accuratezza eventuali testimonianze e sottoporre il fatto alla competente autorità ecclesiastica.
Art. 10 - L'intervento d'autorità del Vescovo diocesano si rende doveroso e necessario quando si verifichino abusi nelle celebrazioni di guarigione, liturgiche e non liturgiche, nel caso di evidente scandalo per la comunità dei fedeli, oppure quando vi siano gravi inosservanze delle norme liturgiche e disciplinari.



Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, nel corso dell'Udienza accordata al sottoscritto Prefetto, ha approvato la presente Istruzione, decisa nella riunione ordinaria di questa Congregazione, e ne ha ordinato la pubblicazione.

Roma, dalla sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, 14 settembre 2000,
festa dell'Esaltazione della Santa Croce.

 + Joseph Card. RATZINGER,
Prefetto
 + Tarcisio BERTONE, S.D.B.,
Arciv. emerito di Vercelli,
Segretario 
--------------------------------------------------------------------------------
(1) GIOVANNI PAOLO II, Esortazione Apostolica Christifideles laici, n. 53, AAS 81(1989), p. 498.
(2) Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1502.
(3) GIOVANNI PAOLO II, Lettera Apostolica Salvifici doloris, n. 11, AAS 76(1984), p. 212.
(4) Rituale Romanum, Ex Decreto Sacrosancti Oecumenici Concilii Vaticani II instauratum, Auctoritate Pauli PP. VI promulgatum, Ordo Unctionis Infirmorum eorumque Pastoralis Curae, Editio typica, Typis Polyglottis Vaticanis, MCMLXXII, n. 2.
(5) GIOVANNI PAOLO II, Lettera Apostolica Salvifici doloris, n. 19, AAS 76(1984), p. 225.
(6) GIOVANNI PAOLO II, Esortazione Apostolica Christifideles laici, n. 53, AAS 81(1989), p. 499.
(7) Ibid., n. 53.
(8) Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1511.
(9) Cfr. Rituale Romanum, Ordo Unctionis Infirmorum eorumque Pastoralis Curae, n. 5.
(10) Ibid., n. 75.
(11) Cfr. Ibid., n. 77.
(12) Missale Romanum, Ex Decreto Sacrosancti Oecumenici Concilii Vaticani II instauratum, Auctoritate Pauli PP. VI promulgatum, Editio typica altera, Typis Polyglottis Vaticanis, MCMLXXV, pp. 838-839.
(13) Cfr. Rituale Romanum, Ex Decreto Sacrosancti Oecumenici Concilii Vaticani II instauratum, Auctoritate Ioannis Paulii II promulgatum, De Benedictionibus, Editio typica, Typis Polyglottis Vaticanis, MCMLXXXIV, n. 305.
(14) Cfr. Ibid., nn. 306-309.
(15) Cfr. Ibid., nn. 315-316.
(16) Cfr. Ibid., n. 319.
(17) Rituale Romanum, Ordo Unctionis Infirmorum eorumque Pastoralis Curae, n. 3.
 (18) Cfr. CONCILIO DI TRENTO, sess. XIV, Doctrina de sacramento extremae unctionis, cap. 2: DS, 1696.
 (19) AUGUSTINUS IPPONIENSIS, Epistulae 130, VI,13 (= PL, 33,499).
(20) Cfr. AUGUSTINUS IPPONIENSIS, De Civitate Dei 22, 8,3 (= PL 41,762-763).
(21) Cfr. Missale Romanum, p. 563.
 (22) Ibid., Oratio universalis, n. X (Pro tribulatis), p. 256.
 (23) Rituale Romanum, Ordo Unctionis Infirmorum eorumque Pastoralis Curae, n. 75.
 (24) GOAR J., Euchologion sive Rituale Graecorum, Venetiis 1730 (Graz 1960), n. 338.
 (25) DENZINGER H., Ritus Orientalium in administrandis Sacramentis, vv. I- II, Würzburg 1863 (Graz 1961), v. II, pp. 497-498.
 (26) Rituale Romanum, Ex Decreto Sacrosancti Oecumenici Concilii Vaticani II instauratum, Auctoritate Pauli PP. VI promulgatum, De Sacra Communione et de Cultu Mysterii Eucharistici Extra Missam, Editio typica, Typis Polyglottis Vaticanis, MCMLXXIII, n. 82.
 (27) Cfr. Rituale Romanum, De Benedictionibus, nn. 290-320.
 (28) Ibid., n. 39.
 (29) E i suoi equiparati, in forza del can. 381, § 2.
 (30) Cfr. CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Istruzione circa alcuni aspetti dell'uso degli strumenti di comunicazione sociale nella promozione della dottrina della fede, 30 marzo 1992, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1992.
 (31) Cfr. CONGREGATIO PRO DOCTRINA FIDEI, Epistula Inde ab aliquot annis, Ordinariis locorum missa: in mentem normae vigentes de exorcismis revocantur, 29 septembris 1985, AAS 77(1985), pp. 1169-1170.
 (32) Cfr. Rituale Romanum, Ex Decreto Sacrosancti Oecumenici Concilii Vaticani II instauratum, Auctoritate Ioannis Pauli II promulgatum, De Exorcismis et Supplicationibus quibusdam, Editio typica, Typis Vaticanis MIM, Praenotanda, nn. 13- 19.